hanno scritto dell’olio istriano

Plinio il Vecchio, in Naturalis Historia (XV,8), paragona in termini di qualità dell’olio di oliva, l’Istria alla Betica, provincia della Spagna meridionale.

 

Plinio il Vecchio, in Naturalis Historia (XV,8), paragona in termini di qualità dell’olio di oliva, l’Istria alla Betica, provincia della Spagna meridionale.

Il poeta spagnolo Marziale (XII, 63) nella seconda metà del I sec. d.C. assimila la fertile Cordova all’olio contenuto nelle anfore istriane: “Uncto Corduba laetior Venafro, Histria nec minus absoluta testa” (“Cordova, tu che sei più fertile dell’untuoso Venafro, e perfetta quanto l’olio d’Istria”)

 

Marco Gavio Apicio, che nel I sec. d.C. scrisse un trattato d’arte culinaria (De re coquinaria, 14), affida a quelle pagine una prescrizione per creare un olio ispirandosi a quello istriano.

 

L’olio, così come le spezie, fu per secoli merce di scambio, come testimoniano i ritrovamenti di anfore fregiate da nomi di possidenti. Quelle di Gaio Lecanio Basso, console dal 64 d.C. di Fasana d’Istria, sono state ritrovate sia nella Pianura Padana, che nel Norico oltralpe, oltre che in Grecia e a Cartagine. L’olio istriano era infatti considerato inferiore solo a quello di Venafro in Campania, ma ben superiore a quello della Betica, l’attuale Andalusia, come tramanda Plinio il Vecchio.

 

Nell’Istria del Seicento e del Settecento, sotto il dominio della Serenissima Repubblica di Venezia, l’olio rappresentava il principale prodotto della terra e costituiva la primaria fonte di introiti per il governo dei Dogi, che imponevano ingenti imposte. Infatti, ben oltre il 75% delle entrate riguardavano la tassazione sull’olio, mentre solo una minima parte derivava dagli altri prodotti quali vino, legna e pesce.

 

Dai documenti annuari della Società Agraria Istriana si evince che dall’anno 1771 all’anno 1794 la produzione di olio subì variazioni enormi a seconda delle condizioni climatiche. Infatti, stagioni drammaticamente siccitose diminuirono le quantità prodotte da 20.468 a 1.050 orne.

 

Allo scoppio della prima Guerra Mondiale, l’Atlante della Venezia Giulia redatto da Cesare Battisti, attesta la presenza in Istria di 730.000 piante di olivo, che arrivano a 1.670.000, considerato anche il territorio di Trieste e le isole del Quarnero, con complessivi 182 frantoi atti alla produzione di olio.

 

Carlo Hugues (1849-1934), nella sua opera “Eliografia istriana” edita nel 1902, classifica e descrive per l’Istria ben 30 varietà di olivo presenti su una superficie di oltre 10.000 ettari.

 

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